GLI ENIGMI DELLA TERZA PIRAMIDE DI GIZA, NOTA COME MICERINO
ARCHEOLOGIA - GLI ENIGMI DELLA TERZA PIRAMIDE DI GIZA, NOTA COME MICERINO. È decisamente più piccola delle altre due...
Posted by I 36 Decani on Lunedì 22 giugno 2015
Nei documentari e nei reportage è spesso trascurata, forse a causa delle sue dimensioni minori.
Il suo nome ufficiale è "Piramide di Menkaure", più nota in Italia col nome di Micerino (forma italianizzata del greco Mykerinos, forma in cui il nome compare nelle opere dello storico greco Erodoto). È la terza piramide del complesso di Giza ed è intrigante almeno quanto le sue sorelle giganti più conosciute. L'altezza totale della Piramide di Micerino è di 65, 5 metri, i lati della base quadrata misurano 103, 4 metri e il volume totale è pari a 250 mila m³, ovvero un decimo di quella di Cheope, e presentando la curiosa particolarità di blocchi molto più grandi di quella di Chefren.
In origine la piramide doveva essere tutta ricoperta dello spettacolare granito rosso di Assuan, le cui cave si trovano a circa 900 km di distanza. Il lato nord conserva parte del rivestimento, che però verso l'alto non risulta liscio dando così l'impressione di un lavoro non terminato. Ma perché è così piccola?
Alcuni, frettolosamente, affermano che forse non c'era abbastanza spazio a sinistra della Piana di Giza, o che, forse, il costo di costruzione era troppo alto. In realtà, come oggi si ritiene, le tre piramidi di Giza riproducono la configurazione delle tre stelle della cintura della Costellazione di Orione. La Piramide di Micerino corrisponderebbe alla posizione della stella Mintaka, apparentemente la più piccola delle tre. Quindi le ragioni sarebbero di tipo analogico.
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Il suo nome ufficiale è "Piramide di Menkaure", più nota in Italia col nome di Micerino (forma italianizzata del greco Mykerinos, forma in cui il nome compare nelle opere dello storico greco Erodoto). È la terza piramide del complesso di Giza ed è intrigante almeno quanto le sue sorelle giganti più conosciute. L'altezza totale della Piramide di Micerino è di 65, 5 metri, i lati della base quadrata misurano 103, 4 metri e il volume totale è pari a 250 mila m³, ovvero un decimo di quella di Cheope, e presentando la curiosa particolarità di blocchi molto più grandi di quella di Chefren.
In origine la piramide doveva essere tutta ricoperta dello spettacolare granito rosso di Assuan, le cui cave si trovano a circa 900 km di distanza. Il lato nord conserva parte del rivestimento, che però verso l'alto non risulta liscio dando così l'impressione di un lavoro non terminato. Ma perché è così piccola?
Alcuni, frettolosamente, affermano che forse non c'era abbastanza spazio a sinistra della Piana di Giza, o che, forse, il costo di costruzione era troppo alto. In realtà, come oggi si ritiene, le tre piramidi di Giza riproducono la configurazione delle tre stelle della cintura della Costellazione di Orione. La Piramide di Micerino corrisponderebbe alla posizione della stella Mintaka, apparentemente la più piccola delle tre. Quindi le ragioni sarebbero di tipo analogico.
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La croce egizia “Ankh” in un tempio costruito dagli Aztechi in Messico
La croce egizia “Ankh” in un tempio costruito dagli Aztechi in MessicoEsiste un antico e misterioso tempio azteco le...
Posted by I 36 Decani on Domenica 14 giugno 2015
Inizio sul Link qui sopra
Il sito di Calixtlahuaca
Calixtlahuaca (in lingua nahuatl “cali” significa “casa”, e “ixtlahuatl” significa “prateria”, quindi la traduzione sarebbe “casa nella prateria”) è un sito archeologico del periodo postclassico mesoamericano, situato nei pressi dell’attuale città di Toluca, Messico. Originariamente conosciuto come “Matlatzinco” (città dei Matlatzinca ), questo insediamento urbano azteco fu una potente capitale da cui i re controllavano un ampio territorio nella Valle di Toluca. Si ritiene che i primi coloni di questa regione fossero nativi nomadi che utilizzavano il sito solo stagionalmente. In seguito, intorno al 200 a.C., i Matlatzinca giunsero è fondarono un piccolo insediamento; successivamente ricevettero l’influenza della cultura tolteca e, infine, furono dominati dagli Aztechi nel 1476 d.C., i quali ribattezzarono la città con il dome di Calixtlahuaca. Il sito comprende due strutture importanti: il Tempio di Quetzalcoatl e l’altare a croce “egizia” detto Tzompantli.
Il Tempio di Quetzalcoatl era probabilmente dedicato al dio Ehēcatl, dato che gli edifici circolari del Centro America precolombiano sono generalmente legati a questa divinità. Ehēcatl, secondo la mitologia azteca, era il dio del vento, una delle sembianze di Quetzalcoatl, il Serpente Piumato. Dal momento che il vento soffia in tutte le direzioni, il tempio di Ehēcatl ha forma circolare per ridurre la resistenza dell’aria. Sovente è raffigurato con due maschere sporgenti attraverso le quali soffia il vento. Si innamorò di una umana, di nome Mayahuel e donò all’umanità la capacità di amare, in modo che lei potesse ricambiare la sua passione. L’altra strutture, l’altare Tzompantli, si trova sul lato nord della piazza. La forma a croce ankh è l’aspetto che maggiormente sconcerta i ricercatori, i quali non sono in grado di fornire risposte definitive sul perchè di tale forma architettonica. Originariamente, i lati dell’altare erano ricoperti di teschi scolpiti nella pietra.
Così distanti, così simili…
Calixtlahuaca aggiunge un nuovo elemento alla teoria secondo la quale tutte le civiltà megalitiche del passato, mesopotamica, egizia, mesoamerica e asiatica, discenderebbero tutte da una grande precedente cultura globale andata distrutta in un cataclisma di proporzioni catastrofiche. Come riporta Richard Cassaro nell’articolo proposto sul suo blog, certamente, il parallelismo più sconcertante riguarda la civiltà dell’Antico Egitto e quella dell’America precolombiana: entrambe le culture costruirono piramidi; entrambe utilizzarono il simbolismo solare ed entrambe credevano nella vita dopo la morte, preparando i loro morti per il viaggio sacro verso l’aldilà tramite una cerimonia rituale molto elaborata.
Calixtlahuaca, inoltre, rivela che entrambe le culture utilizzavano simboli molto simili, come la croca ankh, per gli stessi scopi : indicare le forze e le interazioni tra la vita fisica (valutata come temporanea) e la vita spirituale (considerata eterna).
La visione contemporanea prevalente tra gli studiosi è che i popoli antichi a indigeni di tutto il mondo erano perfettamente in grado di sviluppare culture complesse indipendentemente da una qualsiasi influenza o ispirazione esterna. Eventuali visioni contrarie sono generalmente respinte ed etichettate come fantasiose, ridicole e imbarazzanti.
Eppure, prove di una storia diversa saltano fuori continuamente, in maniera assillante, ad infastidire le teorie lineari e coerenti sviluppate dagli studiosi “ortodossi”. La questione è che quelle “convenzionali” sono e rimangono teorie, mentre le prove archeologiche stanno lì e provocano, invitando a considerare un’altra storia.
Fonte: il navigatore curioso
Calixtlahuaca (in lingua nahuatl “cali” significa “casa”, e “ixtlahuatl” significa “prateria”, quindi la traduzione sarebbe “casa nella prateria”) è un sito archeologico del periodo postclassico mesoamericano, situato nei pressi dell’attuale città di Toluca, Messico. Originariamente conosciuto come “Matlatzinco” (città dei Matlatzinca ), questo insediamento urbano azteco fu una potente capitale da cui i re controllavano un ampio territorio nella Valle di Toluca. Si ritiene che i primi coloni di questa regione fossero nativi nomadi che utilizzavano il sito solo stagionalmente. In seguito, intorno al 200 a.C., i Matlatzinca giunsero è fondarono un piccolo insediamento; successivamente ricevettero l’influenza della cultura tolteca e, infine, furono dominati dagli Aztechi nel 1476 d.C., i quali ribattezzarono la città con il dome di Calixtlahuaca. Il sito comprende due strutture importanti: il Tempio di Quetzalcoatl e l’altare a croce “egizia” detto Tzompantli.
Il Tempio di Quetzalcoatl era probabilmente dedicato al dio Ehēcatl, dato che gli edifici circolari del Centro America precolombiano sono generalmente legati a questa divinità. Ehēcatl, secondo la mitologia azteca, era il dio del vento, una delle sembianze di Quetzalcoatl, il Serpente Piumato. Dal momento che il vento soffia in tutte le direzioni, il tempio di Ehēcatl ha forma circolare per ridurre la resistenza dell’aria. Sovente è raffigurato con due maschere sporgenti attraverso le quali soffia il vento. Si innamorò di una umana, di nome Mayahuel e donò all’umanità la capacità di amare, in modo che lei potesse ricambiare la sua passione. L’altra strutture, l’altare Tzompantli, si trova sul lato nord della piazza. La forma a croce ankh è l’aspetto che maggiormente sconcerta i ricercatori, i quali non sono in grado di fornire risposte definitive sul perchè di tale forma architettonica. Originariamente, i lati dell’altare erano ricoperti di teschi scolpiti nella pietra.
Così distanti, così simili…
Calixtlahuaca aggiunge un nuovo elemento alla teoria secondo la quale tutte le civiltà megalitiche del passato, mesopotamica, egizia, mesoamerica e asiatica, discenderebbero tutte da una grande precedente cultura globale andata distrutta in un cataclisma di proporzioni catastrofiche. Come riporta Richard Cassaro nell’articolo proposto sul suo blog, certamente, il parallelismo più sconcertante riguarda la civiltà dell’Antico Egitto e quella dell’America precolombiana: entrambe le culture costruirono piramidi; entrambe utilizzarono il simbolismo solare ed entrambe credevano nella vita dopo la morte, preparando i loro morti per il viaggio sacro verso l’aldilà tramite una cerimonia rituale molto elaborata.
Calixtlahuaca, inoltre, rivela che entrambe le culture utilizzavano simboli molto simili, come la croca ankh, per gli stessi scopi : indicare le forze e le interazioni tra la vita fisica (valutata come temporanea) e la vita spirituale (considerata eterna).
La visione contemporanea prevalente tra gli studiosi è che i popoli antichi a indigeni di tutto il mondo erano perfettamente in grado di sviluppare culture complesse indipendentemente da una qualsiasi influenza o ispirazione esterna. Eventuali visioni contrarie sono generalmente respinte ed etichettate come fantasiose, ridicole e imbarazzanti.
Eppure, prove di una storia diversa saltano fuori continuamente, in maniera assillante, ad infastidire le teorie lineari e coerenti sviluppate dagli studiosi “ortodossi”. La questione è che quelle “convenzionali” sono e rimangono teorie, mentre le prove archeologiche stanno lì e provocano, invitando a considerare un’altra storia.
Fonte: il navigatore curioso
SCOPERTE TRACCE DI UNA CIVILTÀ PERDUTA SORTA PRIMA DELLA COMPARSA DELLA FORESTA AMAZZONICA
Un gruppo di archeologi ha compiuto una straordinaria scoperta nel cuore dell'Amazzonia: i perimetri di centinaia di monumenti geometrici lasciati da una civiltà sconosciuta sorta prima che sorgesse l'attuale foresta foresta pluviale. Uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences riporta la scoperta di una serie di misteriose linee e forme geometriche incise sul suolo dell'Amazzonia.
Secondo quanto riporta Discovery News, le tracce risalgono a migliaia di anni fa, prima ancora che la foresta pluviale amazzonica assumesse l'attuale forma. Quale cultura abbia creato queste strutture e quel fosse il loro scopo rimangono un mistero, ma la loro scoperta apre un nuovo capitolo sulle culture preistoriche del Rio delle Amazzoni, prima dell'arrivo degli europei....
...continua su Antikitera.net
Secondo quanto riporta Discovery News, le tracce risalgono a migliaia di anni fa, prima ancora che la foresta pluviale amazzonica assumesse l'attuale forma. Quale cultura abbia creato queste strutture e quel fosse il loro scopo rimangono un mistero, ma la loro scoperta apre un nuovo capitolo sulle culture preistoriche del Rio delle Amazzoni, prima dell'arrivo degli europei....
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CSI Macedonia
di chi sono le ossa trovate nella tomba di Kasta?
Lungi dal risolvere il giallo archeologico del momento, potrebbero volerci anni per chiarire a chi appartengono i resti, riferibili almeno a 5 diverse persone, trovati nella grande tomba di Anfipoli Continua in Grecia quello che il New York Times ha definito "un reality show archeologico", lo scavo del tumulo di Kasta che tiene col fiato sospeso il mondo degli appassionati. Nella blogosfera e sui media circolano dalla scorsa settimana illazioni sui resti di donna trovati nel mausoleo di Anfipoli, nel nord della Grecia, secondo cui le ossa potrebbero appartenere a Olimpiade, la madre di Alessandro il Grande, giustiziata quando aveva circa 60 anni. Le voci fanno seguito a un comunicato del Ministero della Cultura e dello Sport ellenico, in cui si conferma che in una camera sepolcrale della tomba sono state rinvenute ossa umane riconducibili a cinque diverse persone, tra le quali una donna sulla sessantina. La scoperta delle ossa, lungi dal chiarire la destinazione d'uso e il proprietario del tumulo, ha contribuito semmai a creare ancora più mistero attorno alla tomba più grande mai scoperta in Grecia. Come è noto, gli archeologi che scavano il sito hanno datato il sepolcro all'ultimo trentennio del IV secolo a. C., tra il 325 a. C. (due anni prima della morte del condottiero macedone Alessandro Magno avvenuta nel 323) e il 300 a. C.... ....continua su Antikitera.net
L'origine dell'uomo americano: l'ipotesi solutroeana
La teoria fino a pochi anni fa data per certa sull'origine dell'uomo americano, proposta da AleÅ HrdliÄka, indicava che alcuni gruppi di Sapiens attraversarono una prateria ghiacciata detta Beringia, circa 25.000 anni fa, entrando nel continente americano e dando origine, in seguito, a tutti gli abitanti del Nuovo Mondo. Sempre secondo questa teoria il primo gruppo di umani provenienti dall'Asia diede origine alla prima cultura americana, quella di Clovis, datata 13.500 anni a.C. (Nuovo Messico). Il consenso su Clovis venne a cadere quando alcuni studiosi del popolamento americano avanzarono nuove ipotesi. Il francese Paul Rivet, in seguito ad importanti studi etnografici e linguistici, propose un popolamento diretto dalla Polinesia, con la sua teoria poligenetica, e il portoghese Mendes Correa ha proposto un popolamento attraverso l'Antartide...
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...L'Archeologia nel Tempo...
Un veloce viaggio per capire come è cambiata l'archeologia nel tempo.
Fonte: Antikitera.net
Fonte: Antikitera.net
NEL NOSTRO DNA CI SONO TRACCE DI UNA SPECIE DI OMINIDI COMPLETAMENTE SCONOSCIUTA
Uno studio comparso sulla rivista scientifica Nature rivela che il nostro corredo genetico è il frutto dell'incrocio tra esseri umani moderni, Neanderthal, Denisova e di una quarta misteriosa stirpe arcaica completamente sconosciuta.
I risultati del nuovo studio sono stati divulgati lo scorso 18 novembre nel corso di una riunione tenuta presso la Royal Society di Londra, alla quale hanno partecipato genetisti di tutto il mondo. Le analisi suggeriscono che il nostro corredo genetico è il frutto di incroci avvenuti in Europa e in Asia circa 30 mila anni fa tra quattro stirpi umane, di cui una, oltre a quella degli esseri umani moderni, dei Neanderthal e dei Denisova, è completamente sconosciuta agli esperti... ...continua su Antikitera.net |
LE TAVOLETTE DI TARTARIA: LA SCRITTURA
PIÙ ANTICA DEL MONDO NATA IN EUROPA
Le tavolette di Tartaria: la scrittura più antica del mondo? Pare proprio di sì. Siamo di fronte a qualcosa di sensazionale che riscrive - scusate il gioco di parole - la storia della scrittura. Fino a poco tempo fa si pensava che il sistema più antico di scrittura fosse quello di Sumer, poi i reperti trovati nell'Alto Egitto dal professor Günter Dreyer hanno dimostrato che ancor prima ne esisteva uno egizio. Ma anche questa teoria adesso è sorpassata, dopo che le nuove analisi hanno rivalutato l'importanza delle tavolette di Tartaria.
Ora il primato spetta alla Vecchia Europa, vale a dire alla cultura del Danubio. Le tavolette furono scoperte già nel 1961 in Romania, appunto nel sito di Tartaria (Turda), in Transilvania, nella valle del Mures... Continua |
SILBURY HILL
UN FARO PER I NAVIGANTI DEL NEOLITICO?
Per lungo tempo si è creduto che la collina di Silbury fosse un antica tomba o una collina cerimoniale per riti religiosi. Ma, recentemente, uno studioso ha proposto che la struttura fosse qualcosa di molto simile ad un faro, costruito per guidare i naviganti nei corsi d'acqua formatisi con la fine dell'ultima era glaciale. L'ipotesi è che il sud dell'Inghilterra si presentava come una serie di isole collegate da corsi d'acqua, canali e fiumi in piena e che Stonehenge si trovasse lungo la costa! Sembra che negli ultimi tempi gli archeologi dediti allo studio delle antichità britanniche stiano rivedendo completamente le teorie finora avanzate. Qualche giorno fa, uno studioso aveva proposto che le famose rocce circolari di Stonehenge avevano lo scopo di sostenere un antico altare, così che i nostri antenati potessero essere "più vicini al cielo". Adesso è la volta dell'antico tumulo di Silbury Hill. Fino ad oggi, i ricercatori hanno ritenuto la collina di Silbury un antico tumulo funerario oppure una collina cerimoniale per eseguire riti religiosi. Ma Robert John Langdon, cartografo e storico locale, ha proposto una nuova rivoluzionaria teoria sulla natura e la funzione di Silbury. A suo avviso, il tumulo sarebbe ciò che rimane di un antico faro utilizzato in epoca neolitica, all'indomani della fine dell'ultima era glaciale.
Lo scioglimento dei ghiacciai avrebbe reso il sud dell'Inghilterra simile ad un arcipelago di isole collegate da corsi d'acqua, canali e fiumi. Il faro avrebbe aiutato i naviganti ad orientarsi nel dedalo di canali, fino a guidarli al "porto" di Silbury. L'indizio fondamentale sarebbe il viale di pietra scoperto da Langdon che collega Silbury Hill al noto cerchio di pietre di Avebury. "Le mappe che ho prodotto indicano che Avebury era un luogo di scambio merci per i nostri antenati", spiega Langdon. "La mia ipotesi è che il vicino monumento di Silbury Hill funzionasse come porto, mentre Avebury come mercato per gli scambi".
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Lo scioglimento dei ghiacciai avrebbe reso il sud dell'Inghilterra simile ad un arcipelago di isole collegate da corsi d'acqua, canali e fiumi. Il faro avrebbe aiutato i naviganti ad orientarsi nel dedalo di canali, fino a guidarli al "porto" di Silbury. L'indizio fondamentale sarebbe il viale di pietra scoperto da Langdon che collega Silbury Hill al noto cerchio di pietre di Avebury. "Le mappe che ho prodotto indicano che Avebury era un luogo di scambio merci per i nostri antenati", spiega Langdon. "La mia ipotesi è che il vicino monumento di Silbury Hill funzionasse come porto, mentre Avebury come mercato per gli scambi".
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Cominciata l'esplorazione della città sotterranea di NevÅehir...
Nella grande città sotterranea scoperta l'anno scorso nei pressi dell'odierna, NevÅehir, in Anatolia nel centro della Turchia. Sono cominciati i rilevamenti con il geo-radar.
Il geo-radar è capace di individuare tutti gli spazi e le strutture fino a 10 metri sotto la superficie, mappando accuratamente la città. I dati raccolti dalla macchina saranno poi inviati al team di scavo, che così potrà agire limitando i danni alle strutture della città.Il sindaco di NevÅehir, Hasan Ünver, ha detto che il processo di "pulizia" è cominciato qualche giorno fa e sta continuando senza stop. Ha riferito che la città raggiunge i 113 metri di profondità e i 460.000 m² di estensione. Sarà molto importante per il turismo in Cappadocia, già noto per le formazioni rocciose conosciute come i Camini delle Fate... continua |
Scoperte due tombe dell'Antico regno a Saqqara
In Egitto sono state scoperte due tombe dell'Antico regno, risalenti alla VI dinastia, nel sito di Tabbet al-Guesh (o Tabit El-Geish), all'estremità meridionale della necropoli di Saqqara. Le due tombe appartengono a sacerdoti dell'epoca di Pepi II (2240-2150 B.C). Il ritrovamento è avvenuto grazie alla spedizione archeologica dell'IFAO (Institut Français d'archéologie Orientale), diretta dall'egittologo Vassil Dobrev. In entrambe le tombe vi sono scene e liste di offerte rituali, tra cui i cosiddetti sette oli sacri usati durante la cerimonia di apertura della bocca, un rito funerario che garantiva al defunto la vita eterna... ....Continua
UN TUMULO IN PERFETTO STATO DI 4 MILA ANNI FA
Grazie alla tecnologia Lidar, un gruppo di ricercatori ha portato alla luce una tumulo dell'età del bronzo in una foresta nel sud-est della Polonia. Secondo gli studiosi, è la prima struttura di questo tipo mai trovata nella Polonia meridionale. Cinque ricche sepolture e un focolaio usato come cucina da campo durante la prima guerra mondiale: queste le scoperte connesse al tumulo portato alla luce da una squadra di archeologi guidata dal dottor Piotr Wlodarczak dell'Istituto di Archeologia e Etnologia di Cracovia. L'antico tumulo, che secondo i ricercatori risale al 3° o al 2° millennio a.C., era sfuggito all'attenzione dei ricercatori a causa della sua posizione nella fitta foresta polacca. Solitamente, gli archeologi esplorano aree utilizzate anticamente per la coltivazione, dove è molto più facile individuare frammenti di ceramica o strumenti di pietra. Questa volta, gli archeologi hanno avuto il supporto della tecnologia moderna, utilizzando quello che ormai sta diventando uno strumento comune nella ricerca archeologica: il Lidar (Light Detection and Ranging). Questa tecnica di telerilevamento attivo utilizza un dispositivo che emette impulsi laser in direzione della superficie terrestre, i quali, una volta riflessi, ritornano al ricevitori fornendo una mappa precisa del suolo. Ciò permette di individuare antiche strutture artificiali, tra cui i tumuli.
"È importante sottolineare che questo tumulo è la prima struttura nota di questo tipo trovata in tutta Malopolska (Piccola Polonia, una delle regioni storiche della Polonia, che forma la parte meridionale del Paese)", spiega il professor Wlodarczak sul sito di Science & Scholarship in Poland. All'interno del tumulo, il quale misura un diametro di circa 13 metri, gli archeologi hanno scoperto quattro tombe appartenenti ad una comunità i cui resti materiali sono catalogati dagli esperti come appartenenti alla cultura Strzyżów.
"Il rito della sepoltura è leggermente diverso a quello praticato nel periodo precedente, il tardo Neolitico", spiega Wlodarczak. "Il tumulo, infatti, non contiene la tomba di una persona importante, ma un gruppo di sepolture". Tutte le sepolture sono disposte intorno, e comunque nella parte centrale della collina certamente è stata sepolta la persona più importante, come dimostra la posizione della tomba e le sue dimensioni. In tutte le tombe, gli archeologi hanno trovato centinaia di perle, conchiglie, gioielli in rame e strumenti in selce. Nella parte superiore della collina, all'interno della cavità longitudinale, gli archeologi hanno trovato i resti di tre fucili Mauser e un cesto di vimini con delle munizioni. "Probabilmente, questo luogo è stato utilizzato come cucina da campo dai soldati della prima guerra mondiale", ritiene Wlodarczak. Sulla base di tre analisi al radiocarbonio eseguite su alcuni reperti organici, si può concludere che la struttura sia stata sollevata intorno al 2100 a.C., all'inizio della fase tardiva della prima età del bronzo.
Fonte
"È importante sottolineare che questo tumulo è la prima struttura nota di questo tipo trovata in tutta Malopolska (Piccola Polonia, una delle regioni storiche della Polonia, che forma la parte meridionale del Paese)", spiega il professor Wlodarczak sul sito di Science & Scholarship in Poland. All'interno del tumulo, il quale misura un diametro di circa 13 metri, gli archeologi hanno scoperto quattro tombe appartenenti ad una comunità i cui resti materiali sono catalogati dagli esperti come appartenenti alla cultura Strzyżów.
"Il rito della sepoltura è leggermente diverso a quello praticato nel periodo precedente, il tardo Neolitico", spiega Wlodarczak. "Il tumulo, infatti, non contiene la tomba di una persona importante, ma un gruppo di sepolture". Tutte le sepolture sono disposte intorno, e comunque nella parte centrale della collina certamente è stata sepolta la persona più importante, come dimostra la posizione della tomba e le sue dimensioni. In tutte le tombe, gli archeologi hanno trovato centinaia di perle, conchiglie, gioielli in rame e strumenti in selce. Nella parte superiore della collina, all'interno della cavità longitudinale, gli archeologi hanno trovato i resti di tre fucili Mauser e un cesto di vimini con delle munizioni. "Probabilmente, questo luogo è stato utilizzato come cucina da campo dai soldati della prima guerra mondiale", ritiene Wlodarczak. Sulla base di tre analisi al radiocarbonio eseguite su alcuni reperti organici, si può concludere che la struttura sia stata sollevata intorno al 2100 a.C., all'inizio della fase tardiva della prima età del bronzo.
Fonte
NECROPOLI PRE-INCAICA IN PERU'
Roma - Una equipe di archeologi impegnata nel Perù settentrionale ha scoperto una necropoli preincaica risalente ad almeno 1000 anni fa e che getta nuova luce sulla civiltà Sican. In un servizio sul sito web della BBC si legge che la necropoli è formata da venti tombe e in esse sono stati scoperti 12 "tumis" (i coltelli fatti con una lega di argento, rame e oro, utilizzati per i sacrifici umani) oltre a maschere funerarie e ceramiche.
La civiltà Sican fiorì in Perù fra l'800 e il 1300 della nostra era ed era una società che scomparve a causa di grandi siccità e conquiste. Quella scoperta ora "è una città sacra nella quale vi sono numerose necropoli", ha detto lo studioso Izumi Shimada al giornale peruviano El Comercio. Secondo Shimada, quella Sican era una "società molto bene organizzata". Lo studioso lavora presso l'università americana dell'Illinois meridionale e la sua equipe è impegnata in campagne di scavo nel Perù settentrionale da 25 anni.
L'ultimo sito scoperto si trova vicino alla città di Ferrenafe. Il ritrovamento dei "tumis" è stato definito di particolare importanza perché finora questi coltelli sacrificali erano stati rinvenuti e poi rivenduti da violatori di tombe.
I Sican erano noti per la produzione di oro, argento e rame in quantità considerate "sostanziali" per il periodo nei quali fiorì la loro civiltà. Avevano stabilito un fiorente commercio, fatto soprattutto di pietre preziose o dure e conchiglie, con popolazioni stanziate in quelli che sono oggi gli stati di Ecuador, Cile e Colombia.
La civiltà Sican scomparve soprattutto sotto i colpi dei conquistatori Inca che cominciarono la loro ascesa al potere intorno al 1200.
Fonte (Antikitera.net)
La civiltà Sican fiorì in Perù fra l'800 e il 1300 della nostra era ed era una società che scomparve a causa di grandi siccità e conquiste. Quella scoperta ora "è una città sacra nella quale vi sono numerose necropoli", ha detto lo studioso Izumi Shimada al giornale peruviano El Comercio. Secondo Shimada, quella Sican era una "società molto bene organizzata". Lo studioso lavora presso l'università americana dell'Illinois meridionale e la sua equipe è impegnata in campagne di scavo nel Perù settentrionale da 25 anni.
L'ultimo sito scoperto si trova vicino alla città di Ferrenafe. Il ritrovamento dei "tumis" è stato definito di particolare importanza perché finora questi coltelli sacrificali erano stati rinvenuti e poi rivenduti da violatori di tombe.
I Sican erano noti per la produzione di oro, argento e rame in quantità considerate "sostanziali" per il periodo nei quali fiorì la loro civiltà. Avevano stabilito un fiorente commercio, fatto soprattutto di pietre preziose o dure e conchiglie, con popolazioni stanziate in quelli che sono oggi gli stati di Ecuador, Cile e Colombia.
La civiltà Sican scomparve soprattutto sotto i colpi dei conquistatori Inca che cominciarono la loro ascesa al potere intorno al 1200.
Fonte (Antikitera.net)
STONEHENGE SERVIVA A SOSTENERE UN ALTARE PER "ESSERE PIÙ VICINI AL CIELO"?
Lo storico Julian Spalding ha avanzato una nuova ipotesi su Stonehenge. A suo parere, le pietre circolari servivano a sostenere una piattaforma sopraelevata per l'esecuzione di riti ancestrali. Una rampa, o delle scale, avrebbero portato i sacerdoti sulla piattaforma. Con il passare dei millenni, le pietre sono rimaste, ma il legno si è decomposto. Che si trattasse di un tempio druido, di un calendario astronomico o di un centro per le guarigioni, il mistero di Stonehenge ha alimentato un dibattito senza fine nel corso dei secoli. Alle varie ipotesi avanzate, si aggiunge quella proposta dallo storico Julian Spalding, ex direttore di alcuni dei più importanti musei del Regno Unito. A suo parere, il cerchio di pietre preistorico era in realtà un antico altare utilizzato per avvicinarsi al cielo. I megaliti non sarebbero stati utilizzati per celebrare riti a livello del suolo, ma per sostenere una gigantesca piattaforma di legno circolare in grado di sostenere il peso di centinaia di persone e sulla quale venivano effettuare le cerimonie religiose.
"Si tratta di una teoria completamente diversa rispetto a quelle avanzate in precedenza", spiega Spalding al Guardian. "Tutte le interpretazioni finora proposte potevano essere ritenute plausibili. Ma abbiano studiato Stonehenge nel modo sbagliato, da terra, cioè da un punto di vista tipico del 20° secolo. Non abbiamo considerato cosa pensassero i costruttori quando hanno concepito il monumento".
Secondo lo studioso, bisogna guardare ad altri monumenti simili in altre parti del mondo, come quelli scoperti in Cina, Perù e Turchia, i quali sono stati costruiti per dirigersi "verso l'alto" e con geometria circolare, legati anch'essi ai movimenti celesti. "Nei tempi antichi, nessuna cerimonia spirituale sarebbe stata celebrata a terra", continua Spalding. "Abbiamo osservato Stonehenge da una prospettiva moderna, legata alla terra. Tutti i grandi altari del passato suggeriscono che mai si sarebbe celebrato un rito celeste a contatto con l'umile terra, cosa che sarebbe stata offensiva per gli essere immortali".
Tuttavia, con il passare dei millenni il legno della piattaforma è marcito, lasciando solo i pilastri di pietra che una volta lo sostenevano. Stonehenge, costruita tra il 3 mila e il 2 mila a.C., inizialmente doveva essere tutta di legno. I blocchi di legno sarebbero stati inseriti in un secondo momento, per rendere permanente la struttura. I blocchi di Stonehenge sono di diabase, una roccia bluastra con delle macchie bianche che somigliano alle stelle: "Questi megaliti, di peso compreso tra le due e le quattro tonnellate ciascuno, sono stati trasportati per 400 km, un risultato straordinario per quei tempi, il che indica che Stonehenge è stata un enorme impresa comune", dice Spalding. Lo studioso ritiene che i fedeli accedessero all'altare sopraelevato tramite una rampa o delle scale in legno, muovendosi poi in circolo seguendo il movimento delle stelle per celebrare alcune cerimonie dedicate, come il solstizio o il funerale di un re. La teoria di Spalding nasce da una visita al sito archeologico di Gobleki Tepe, nella Turchia meridionale, simile a Stonehenge, ma più antico di 6 mila anni. Lo scopo dei pilatri a forma di "T" di Gobleki Tepe rimane ancora un mistero, ma Spalding ritiene che anche in quel caso servissero come sostegno a una qualche piattaforma rialzata.
Fonte (Antikitera.net)
"Si tratta di una teoria completamente diversa rispetto a quelle avanzate in precedenza", spiega Spalding al Guardian. "Tutte le interpretazioni finora proposte potevano essere ritenute plausibili. Ma abbiano studiato Stonehenge nel modo sbagliato, da terra, cioè da un punto di vista tipico del 20° secolo. Non abbiamo considerato cosa pensassero i costruttori quando hanno concepito il monumento".
Secondo lo studioso, bisogna guardare ad altri monumenti simili in altre parti del mondo, come quelli scoperti in Cina, Perù e Turchia, i quali sono stati costruiti per dirigersi "verso l'alto" e con geometria circolare, legati anch'essi ai movimenti celesti. "Nei tempi antichi, nessuna cerimonia spirituale sarebbe stata celebrata a terra", continua Spalding. "Abbiamo osservato Stonehenge da una prospettiva moderna, legata alla terra. Tutti i grandi altari del passato suggeriscono che mai si sarebbe celebrato un rito celeste a contatto con l'umile terra, cosa che sarebbe stata offensiva per gli essere immortali".
Tuttavia, con il passare dei millenni il legno della piattaforma è marcito, lasciando solo i pilastri di pietra che una volta lo sostenevano. Stonehenge, costruita tra il 3 mila e il 2 mila a.C., inizialmente doveva essere tutta di legno. I blocchi di legno sarebbero stati inseriti in un secondo momento, per rendere permanente la struttura. I blocchi di Stonehenge sono di diabase, una roccia bluastra con delle macchie bianche che somigliano alle stelle: "Questi megaliti, di peso compreso tra le due e le quattro tonnellate ciascuno, sono stati trasportati per 400 km, un risultato straordinario per quei tempi, il che indica che Stonehenge è stata un enorme impresa comune", dice Spalding. Lo studioso ritiene che i fedeli accedessero all'altare sopraelevato tramite una rampa o delle scale in legno, muovendosi poi in circolo seguendo il movimento delle stelle per celebrare alcune cerimonie dedicate, come il solstizio o il funerale di un re. La teoria di Spalding nasce da una visita al sito archeologico di Gobleki Tepe, nella Turchia meridionale, simile a Stonehenge, ma più antico di 6 mila anni. Lo scopo dei pilatri a forma di "T" di Gobleki Tepe rimane ancora un mistero, ma Spalding ritiene che anche in quel caso servissero come sostegno a una qualche piattaforma rialzata.
Fonte (Antikitera.net)
Il mistero degli Anasazi
Nel New Mexico, nella zona del Chaco canyon, un posto assolutamente fuori dalle rotte commerciali, una mattina del 1888 un cowboy, Alfred Witherhill, fece una strana scoperta. Un pueblo, ovvero un piccolo villaggio scavato nella roccia, in perfetto stato di conservazione, ma abbandonato.
Un popolo dal nome dimenticato ricomparve così nella storia, un popolo che aveva per i pellerossa Navajo, loro discendenti, un nome preciso: Anasazi, ovvero gli antichi. Gli Anasazi avevano eretto la loro costruzione, molto grande e assolutamente ben fatta in un’epoca compresa tra il 1000 e il 1150 DC, corredandola di 700 stanze distribuite su 4 piani, tutte monotonamente uguali, tanto da lasciare supporre che la costruzione avesse scopi preminentemente religiosi. Una caratteristica peculiare della costruzione è la presenza di poco meno di 40 kiva, fosse profonde all'incirca 5 metri, utilizzate per i rituali magici e religiosi degli Anasazi.
Un numero decisamente molto elevato, che non ha riscontri in altri insediamenti di quella gente. Utilizzati, probabilmente, per mettersi in contatto con le forze sotterranee che erano parte integrante della loro religione, fatta anche di conoscenza e rispetto di tutte le forze della natura.
Ma cosa rende differente questa cultura dalle altre primitive del nord America? Due caratteristiche ben precise. La prima riguarda il ritrovamento di feci contenenti resti di materiale organico umano, e contemporaneamente, il ritrovamento di ossa umane prive del midollo. Il che porta alla conclusione che gli Anasazi praticavano in maniera rituale il cannibalismo.
La seconda riguarda un mistero archeologico irrisolto: la loro scomparsa improvvisa. Attorno al 1200, infatti, nell'arco di una o due notti, tutta la popolazione degli Anasazi scomparve nel nulla. Per riapparire, e non sappiamo in quante unità, molti chilometri più a nord. Il riaffiorare della loro civiltà, unita al mistero della loro scomparsa, scatenò la solita ridda di ipotesi, che andavano, e vanno, da quella fantasiosa di un rapimento in massa da parte di alieni a quella scientifica di una decisione rituale, legata all'interpretazione di segni ritenuti infausti. Ipotesi probabilmente vicina al reale, visto lo stretto connubio che essi avevano con la natura, con la divinazione e con lo studio del cielo. Difatti basta analizzare le tracce dei loro spostamenti per rendersi conto che i loro passi successivi furono fatti secondo una logica precisa: seguire il meridiano 108 al centimetro, per arrivare poi a fondare un altro insediamento, Casas Grandes, nello stato di Chihuahua esattamente sul meridiano 108.
Non solo: altri insediamenti fatti dagli Anasazi, sono esattamente sulla stessa linea, il meridiano 108. E’ questa loro conoscenza astronomica, la loro incrollabile fede nelle forze della natura, nell'armonia degli astri, la motivazione vera del repentino abbandono di un insediamento che era costato duro lavoro?
Al momento è l’unica ipotesi plausibile.
Assieme all'unica scoperta rilevante fatta sul loro conto, quella di praticare il cannibalismo. Che ha sicuramente uno stretto legame con l’atmosfera magica, ma anche un po’ lugubre, che doveva respirarsi all'interno delle loro costruzioni. E che evidentemente li costrinse ad abbandonare, in poche ore, un posto sicuro per un futuro incerto.
Fonte (Antikitera.net)
Un popolo dal nome dimenticato ricomparve così nella storia, un popolo che aveva per i pellerossa Navajo, loro discendenti, un nome preciso: Anasazi, ovvero gli antichi. Gli Anasazi avevano eretto la loro costruzione, molto grande e assolutamente ben fatta in un’epoca compresa tra il 1000 e il 1150 DC, corredandola di 700 stanze distribuite su 4 piani, tutte monotonamente uguali, tanto da lasciare supporre che la costruzione avesse scopi preminentemente religiosi. Una caratteristica peculiare della costruzione è la presenza di poco meno di 40 kiva, fosse profonde all'incirca 5 metri, utilizzate per i rituali magici e religiosi degli Anasazi.
Un numero decisamente molto elevato, che non ha riscontri in altri insediamenti di quella gente. Utilizzati, probabilmente, per mettersi in contatto con le forze sotterranee che erano parte integrante della loro religione, fatta anche di conoscenza e rispetto di tutte le forze della natura.
Ma cosa rende differente questa cultura dalle altre primitive del nord America? Due caratteristiche ben precise. La prima riguarda il ritrovamento di feci contenenti resti di materiale organico umano, e contemporaneamente, il ritrovamento di ossa umane prive del midollo. Il che porta alla conclusione che gli Anasazi praticavano in maniera rituale il cannibalismo.
La seconda riguarda un mistero archeologico irrisolto: la loro scomparsa improvvisa. Attorno al 1200, infatti, nell'arco di una o due notti, tutta la popolazione degli Anasazi scomparve nel nulla. Per riapparire, e non sappiamo in quante unità, molti chilometri più a nord. Il riaffiorare della loro civiltà, unita al mistero della loro scomparsa, scatenò la solita ridda di ipotesi, che andavano, e vanno, da quella fantasiosa di un rapimento in massa da parte di alieni a quella scientifica di una decisione rituale, legata all'interpretazione di segni ritenuti infausti. Ipotesi probabilmente vicina al reale, visto lo stretto connubio che essi avevano con la natura, con la divinazione e con lo studio del cielo. Difatti basta analizzare le tracce dei loro spostamenti per rendersi conto che i loro passi successivi furono fatti secondo una logica precisa: seguire il meridiano 108 al centimetro, per arrivare poi a fondare un altro insediamento, Casas Grandes, nello stato di Chihuahua esattamente sul meridiano 108.
Non solo: altri insediamenti fatti dagli Anasazi, sono esattamente sulla stessa linea, il meridiano 108. E’ questa loro conoscenza astronomica, la loro incrollabile fede nelle forze della natura, nell'armonia degli astri, la motivazione vera del repentino abbandono di un insediamento che era costato duro lavoro?
Al momento è l’unica ipotesi plausibile.
Assieme all'unica scoperta rilevante fatta sul loro conto, quella di praticare il cannibalismo. Che ha sicuramente uno stretto legame con l’atmosfera magica, ma anche un po’ lugubre, che doveva respirarsi all'interno delle loro costruzioni. E che evidentemente li costrinse ad abbandonare, in poche ore, un posto sicuro per un futuro incerto.
Fonte (Antikitera.net)
700 REPERTI RECUPERATI NELLA NAVE AFFONDATA NEL FIUME "STELLA"
La quarta campagna di ricerche nel fiume Stella del progetto Anaxum, in Friuli, ha portato al ritrovamento di oltre 700 reperti pregiati di epoca romana. Tra questi spiccano una bilancia per beni preziosi, ceramiche d'importazione dal Mediterraneo, e soprattutto il recupero e la messa in sicurezza di una imbarcazione dell'XI secolo. Scoperto lungo l'argine del fiume nel 2012, il relitto rappresenta un unicum mondiale per i contesti fluviali: rappresenta infatti una forma di transizione tra il modo di costruire antico e quello medievale-moderno. Queste nuove scoperte si aggiungono a quelle ottenute dal 2011 a oggi grazie al progetto Anaxum, e costituiranno la spina dorsale del futuro parco eco-storico del fiume Stella. Anaxum, antico nome latino dello Stella, è l'unico esempio in Italia di cantiere-scuola di archeologia subacquea in un fiume.
Il relitto dell'XI secolo di Precenicco
La barca abbandonata in una area marginale del fiume Stella e ritornata alla luce dopo mille anni, è un unicum mondiale per la storia della costruzione navale perché rappresenta una forma di transizione tra il modo di costruire del mondo antico e quello medievale-moderno. Forma e sistema costruttivo utilizzati trovano parziali confronti solo con uno dei relitti bizantini di Yenikapı, l'antico porto di Istanbul, e con quello di Serçe Limani, sempre in Turchia. Il relitto in legno è ciò che resta di una imbarcazione risalente all' XI secolo, a uso non esclusivamente fluviale, ma anche lagunare. Lo scafo era stato individuato nel 2012 presso Precenicco nell'ambito delle attività di tutela archeologica della Soprintendenza, durante i lavori di sistemazione delle sponde dello Stella da parte del Consorzio di bonifica Bassa friulana.
Il 25 agosto 2014 sono iniziati i lavori di scavo archeologico condotti da ArcheoLAB per riportare alla luce il relitto, situato due metri sotto terra, in una zona un tempo golena del fiume. Dopo la completa messa in luce dello scafo, ai primi di ottobre il relitto è stato inserito in una struttura metallica da parte della ditta Diego Malvestio & Co. e trasportato ai magazzini del sale di Villa Ottelio, ad Ariis di Rivignano Teor, di proprietà della Regione Friuli Venezia Giulia. Qui è stata realizzata tutt'attorno una vasca di contenimento per tenere il legno costantemente immerso in acqua in attesa del restauro.
"Il progetto Anaxum - ha dichiarato il Soprintendente per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, Luigi Fozzati - costituisce l'unico esempio in Italia di cantiere-scuola di archeologia subacquea in un fiume. Estremamente importanti appaiono, dunque, i risultati, non solo a fini scientifici, ma anche didattici, della quarta campagna di scavo e rafforzano l'impegno della Soprintendenza per il prosieguo del progetto".
"Tanti i traguardi raggiunti con Anaxum - ha spiegato Massimo Capulli, archeologo subacqueo e docente di metodologia della ricerca archeologica all'ateneo friulano -, ma sono tante anche le pagine di storia che giacciono ancora sul fondo del fiume Stella in attesa che qualcuno le recuperi alla memoria. I recentissimi risultati delle analisi al radiocarbonio della struttura lignea del sito stella 1, che si data ora al III-II sec. a.C., apre ad esempio a nuovi scenari, costituendo di fatto la più antica testimonianza della romanizzazione di questo territorio".
Fonte
Il relitto dell'XI secolo di Precenicco
La barca abbandonata in una area marginale del fiume Stella e ritornata alla luce dopo mille anni, è un unicum mondiale per la storia della costruzione navale perché rappresenta una forma di transizione tra il modo di costruire del mondo antico e quello medievale-moderno. Forma e sistema costruttivo utilizzati trovano parziali confronti solo con uno dei relitti bizantini di Yenikapı, l'antico porto di Istanbul, e con quello di Serçe Limani, sempre in Turchia. Il relitto in legno è ciò che resta di una imbarcazione risalente all' XI secolo, a uso non esclusivamente fluviale, ma anche lagunare. Lo scafo era stato individuato nel 2012 presso Precenicco nell'ambito delle attività di tutela archeologica della Soprintendenza, durante i lavori di sistemazione delle sponde dello Stella da parte del Consorzio di bonifica Bassa friulana.
Il 25 agosto 2014 sono iniziati i lavori di scavo archeologico condotti da ArcheoLAB per riportare alla luce il relitto, situato due metri sotto terra, in una zona un tempo golena del fiume. Dopo la completa messa in luce dello scafo, ai primi di ottobre il relitto è stato inserito in una struttura metallica da parte della ditta Diego Malvestio & Co. e trasportato ai magazzini del sale di Villa Ottelio, ad Ariis di Rivignano Teor, di proprietà della Regione Friuli Venezia Giulia. Qui è stata realizzata tutt'attorno una vasca di contenimento per tenere il legno costantemente immerso in acqua in attesa del restauro.
"Il progetto Anaxum - ha dichiarato il Soprintendente per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, Luigi Fozzati - costituisce l'unico esempio in Italia di cantiere-scuola di archeologia subacquea in un fiume. Estremamente importanti appaiono, dunque, i risultati, non solo a fini scientifici, ma anche didattici, della quarta campagna di scavo e rafforzano l'impegno della Soprintendenza per il prosieguo del progetto".
"Tanti i traguardi raggiunti con Anaxum - ha spiegato Massimo Capulli, archeologo subacqueo e docente di metodologia della ricerca archeologica all'ateneo friulano -, ma sono tante anche le pagine di storia che giacciono ancora sul fondo del fiume Stella in attesa che qualcuno le recuperi alla memoria. I recentissimi risultati delle analisi al radiocarbonio della struttura lignea del sito stella 1, che si data ora al III-II sec. a.C., apre ad esempio a nuovi scenari, costituendo di fatto la più antica testimonianza della romanizzazione di questo territorio".
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Trovata la testa del Dio degli Etruschi
Voltumna, il capo delle divinità dell'antico popolo. Nuovi eccezionali ritrovamenti archeologici a Orvieto nell'area del Fanum Voltumnae, il grande e mitico santuario federale degli Etruschi risalente al VI secolo avanti Cristo. Alla luce anche il tempio principale e la strada sacra. Ne da notizia la direttrice degli scavi, l'archeologa Simonetta Stopponi dell'Università di Perugia, alla vigilia della conferenza che terrà domani a Carmignano (Prato) nell'ambito del ciclo sui "Grandi santuari del mondo antico" (ore 21, palazzo Comunale) organizzato dal Museo etrusco di Artimino. Insieme a un tempio di grandi dimensioni, probabilmente il principale del Fanum, è venuta alla luce una splendida testa maschile in terracotta in origine policroma, a grandezza naturale e su base dello stesso materiale, che secondo i primi accertamenti potrebbe identificarsi proprio con Voltumna, divinità suprema del pantheon etrusco. Scoperto inoltre un tratto della via sacra che conduceva al tempio. "La testa è molto bella e ben conservata - spiega la professoressa Stopponi - Un ritrovamento importante così come quello del tempio che misura 12 metri per 18. Finora non sono state rintracciate iscrizioni, ma stiamo ancora scavando e contiamo di trovare presto altro eccellente materiale. Sarà invece problematico far riaffiorare l'intera strada sacra. Sul percorso si trova infatti una villa privata la cui costruzione ha certo compromesso l'integrità della zona". Il Fanum Voltumnae si trova come noto in località Campo della Fiera, l'area pianeggiante a ovest del pianoro di tufo su cui sorge Orvieto. Il nome deriva dall'essere stata sede di fiere e mercati periodici per secoli, epoca romana compresa, fino al 1384, l'anno della micidiale peste nera che spopolò città e campagne. Nel 1876 i primi scavi archeologici restituirono resti di strutture murarie in tufo e furono recuperate pregevoli terrecotte architettoniche oggi al Pergamon Museum di Berlino. Nel Duemila le indagini sono riprese anche sulla spinta di studi più recenti secondo i quali il mitico Fanum Voltumnae, massimo santuario del popolo etrusco, doveva trovarsi proprio a Campo della Fiera. Inutilmente cercato fin dal Quattrocento, il Fanum era il luogo delle riunioni annuali dei rappresentanti della lega delle dodici città etrusche. Lo storico romano Tito Livio ricorda appunto che nell'occasione, alle cerimonie religiose si accompagnavano fiere, mercati, spettacoli teatrali e giochi solenni. Doveva trattarsi perciò di un'area molto vasta, capace di ospitare tutte le delegazioni e accogliere così tante manifestazioni diverse. Le ultime scoperte nell'area archeologica non si limitano tuttavia al periodo etrusco. In queste settimane, ricorda la professoressa Stopponi che in conferenza fornirà ampi dettagli, sono state scoperte le vestigia di un enorme edificio, lungo circa 30 metri, probabilmente il refettorio con relativo chiostro della chiesa medievale di San Pietro in Vetere. Gli scavi in Campo della Fiera sono a cura dell'Università di Perugia su concessione ministeriale e vengono finanziati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto.
Fonte
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Scoperto un nuovo tempio maya dedicato al dio dell'acqua
Secondo gli archeologi il sito di Cara Blanca, in Belize, divenne un centro di pellegrinaggio per scongiurare la siccità che portò al declino della civiltà.
Annidato in una tranquilla foresta del Belize, un cenote - una profonda pozza color acquamarina - custodisce le vestigia di un'epoca in cui, secondo gli archeologi, gli antichi Maya si dedicarono a un culto indotto dalla siccità, offrendo sacrifici a un dio dell'acqua per cercare di impedire il crollo della loro civiltà.
Nel sito di Cara Blanca, in Belize, è stato rinvenuto il complesso di un tempio dell'acqua: una piccola piattaforma su cui poggiano i resti di una loggia e due strutture più piccole. La struttura principale invece si trova nelle profondità della pozza in cui i pellegrini offrivano sacrifici alla divinità dell'acqua e forse ai demoni dell'aldilà.
Il ritrovamento dipinge uno scenario in cui i Maya, messi in ginocchio dalla siccità, si dedicarono al nuovo culto. La loro civiltà, che aveva eretto strutture e piramidi imponenti per secoli in tutta l'America centrale, vide la gran parte delle città abbandonate attorno all'800 d.C.
Fonte
Annidato in una tranquilla foresta del Belize, un cenote - una profonda pozza color acquamarina - custodisce le vestigia di un'epoca in cui, secondo gli archeologi, gli antichi Maya si dedicarono a un culto indotto dalla siccità, offrendo sacrifici a un dio dell'acqua per cercare di impedire il crollo della loro civiltà.
Nel sito di Cara Blanca, in Belize, è stato rinvenuto il complesso di un tempio dell'acqua: una piccola piattaforma su cui poggiano i resti di una loggia e due strutture più piccole. La struttura principale invece si trova nelle profondità della pozza in cui i pellegrini offrivano sacrifici alla divinità dell'acqua e forse ai demoni dell'aldilà.
Il ritrovamento dipinge uno scenario in cui i Maya, messi in ginocchio dalla siccità, si dedicarono al nuovo culto. La loro civiltà, che aveva eretto strutture e piramidi imponenti per secoli in tutta l'America centrale, vide la gran parte delle città abbandonate attorno all'800 d.C.
Fonte
RE DEI MARI
Il PILOSAURO era grande come un autobus e denti lunghi come coltelli da cucina.
Usava la tecnica dell'agguato per cacciare le sue prede.
Viveva nel Giurassico , ma non era un dinosauro., bensì un rettile marino.
Nell'Isola di Splitsbergen a 650 km dalle coste della Norvegia,è stato rinvenuto un fossile di pilosauro, il più' grande mai conosciuto: lungo 15 metri e di 150 MILIONI DI ANNI FA. Gli studi sul fossile, potrebbero aiutare a capire gli ecosistemi degli antichi mari, e i segni sui denti, a scoperte sulla catena alimentare in un epoca in cui l'Artico era più caldo, e ospitava anche rettili a sangue freddo
Fonti Varie (Wikipedia e Sito Esterno)
Usava la tecnica dell'agguato per cacciare le sue prede.
Viveva nel Giurassico , ma non era un dinosauro., bensì un rettile marino.
Nell'Isola di Splitsbergen a 650 km dalle coste della Norvegia,è stato rinvenuto un fossile di pilosauro, il più' grande mai conosciuto: lungo 15 metri e di 150 MILIONI DI ANNI FA. Gli studi sul fossile, potrebbero aiutare a capire gli ecosistemi degli antichi mari, e i segni sui denti, a scoperte sulla catena alimentare in un epoca in cui l'Artico era più caldo, e ospitava anche rettili a sangue freddo
Fonti Varie (Wikipedia e Sito Esterno)
IL GIGANTE DI ATACAMA
I geoglifi più conosciuti al mondo sono senza dubbio le Linee di Nazca, in Perù. Eppure, nel deserto di Atacama in Cile, c'è un altro gruppo di geoglifi altrettanto notevole e impressionante. Tra di essi, l'enigmatico Gigante di Atacama. Il Deserto di Atacama è situato nel Cile settentrionale, nella regione di Antofagasta e la parte settentrionale della regione di Atacama. È un paesaggio aspro e brullo, noto come il deserto più arido del mondo.
Qui si trova un notevole gruppo di geoglifi al quale i ricercatori cercano di dare risposta da anni.
Anche se i geoglifi di Atacama sono meno noti di quelli del pianoro di Nazca, essi sono molto più numerosi, più vari nello stile e coprono un'area molto più grande. Si tratta di una collezione di oltre 5 mila figure geometriche, zoomorfe e antropomorfe.
Secondo le ipotesi più accreditate, i geoglifi di Atacama sono stati tracciati tra il 600 e il 1500 d.C., ma altri pensano che possano essere più antichi. È sempre problematica la datazione dei geoglifi, dato che non è possibile eseguire datazioni al radiocarbonio.
Comunemente, si ritiene che la produzione dei geoglifi di Atacama sia da attribuire a diverse culture che si sono succedute nella regione, tra cui quella Tiahuanaco e quella Inca.
I geoglifi sono stati tracciati utilizzando tre tecniche differenti: estrattiva, additiva e mista. La tecnica estrattiva prevede la rimozione dello strato superiore del terreno, in modo da creare l'immagine desiderata. Questa è la tecnica più comune riscontrata.
La tecnica additiva, invece, comporta la raccolta di materiale, quali pietre o ghiaia, che poi viene accumulato sulla superficie del terreno per formare il contorno della figura desiderata. Infine, la tecnica mista prevede l'impiego di entrambe le tecniche. Fortunatamente, i geoglifi sono sopravvissuti al passare del tempo e all'esposizione agli agenti atmosferici.Uno dei geoglifi più intriganti e controversi è il cosiddetto Gigante di Atacama, il cui vero significato e interpretazione continua ad essere oggetto di dibattito tra gli scienziati.Si tratta di una figura antropomorfa situata su una collina conosciuta come la "Cerro Unitas". Misura 119 metri di altezza ed è il più grande geoglifo conosciuto in tutto il mondo.
È caratterizzato da una grande testa quadrata e da lunghe gambe altamente stilizzate. Da ogni lato della testa del gigante è possibile notare l'uscita di quattro linee, simile a raggi luminosi.
Ad oggi, non esiste nessuna spiegazione o teoria che sveli il mistero delle strane caratteristiche di questo enorme geoglifo. Secondo l'interpretazione di alcuni ricercatori, potrebbe essere una sorta di calendario astronomico che misurava il movimento della Luna.
Un altra ipotesi propone che sia l'icona di una divinità sconosciuta venerata dalla popolazione locale. Altre teorie suggeriscono che possa trattarsi della marcatura di un percorso sacri di iniziazione, l'indicazione di un antico linguaggio o la celebrazione di un paleo-contatto alieno.
Accanto al gigante è possibile osservare immagini di lama, lucertole, gatti, uccelli e pesci. In altri casi, si notano sconcertanti figure geometriche che non fanno altro che infittire l'enigma sull'interpretazione e il motivo di una tale sconcertante collezione di figure.
Fonte
Qui si trova un notevole gruppo di geoglifi al quale i ricercatori cercano di dare risposta da anni.
Anche se i geoglifi di Atacama sono meno noti di quelli del pianoro di Nazca, essi sono molto più numerosi, più vari nello stile e coprono un'area molto più grande. Si tratta di una collezione di oltre 5 mila figure geometriche, zoomorfe e antropomorfe.
Secondo le ipotesi più accreditate, i geoglifi di Atacama sono stati tracciati tra il 600 e il 1500 d.C., ma altri pensano che possano essere più antichi. È sempre problematica la datazione dei geoglifi, dato che non è possibile eseguire datazioni al radiocarbonio.
Comunemente, si ritiene che la produzione dei geoglifi di Atacama sia da attribuire a diverse culture che si sono succedute nella regione, tra cui quella Tiahuanaco e quella Inca.
I geoglifi sono stati tracciati utilizzando tre tecniche differenti: estrattiva, additiva e mista. La tecnica estrattiva prevede la rimozione dello strato superiore del terreno, in modo da creare l'immagine desiderata. Questa è la tecnica più comune riscontrata.
La tecnica additiva, invece, comporta la raccolta di materiale, quali pietre o ghiaia, che poi viene accumulato sulla superficie del terreno per formare il contorno della figura desiderata. Infine, la tecnica mista prevede l'impiego di entrambe le tecniche. Fortunatamente, i geoglifi sono sopravvissuti al passare del tempo e all'esposizione agli agenti atmosferici.Uno dei geoglifi più intriganti e controversi è il cosiddetto Gigante di Atacama, il cui vero significato e interpretazione continua ad essere oggetto di dibattito tra gli scienziati.Si tratta di una figura antropomorfa situata su una collina conosciuta come la "Cerro Unitas". Misura 119 metri di altezza ed è il più grande geoglifo conosciuto in tutto il mondo.
È caratterizzato da una grande testa quadrata e da lunghe gambe altamente stilizzate. Da ogni lato della testa del gigante è possibile notare l'uscita di quattro linee, simile a raggi luminosi.
Ad oggi, non esiste nessuna spiegazione o teoria che sveli il mistero delle strane caratteristiche di questo enorme geoglifo. Secondo l'interpretazione di alcuni ricercatori, potrebbe essere una sorta di calendario astronomico che misurava il movimento della Luna.
Un altra ipotesi propone che sia l'icona di una divinità sconosciuta venerata dalla popolazione locale. Altre teorie suggeriscono che possa trattarsi della marcatura di un percorso sacri di iniziazione, l'indicazione di un antico linguaggio o la celebrazione di un paleo-contatto alieno.
Accanto al gigante è possibile osservare immagini di lama, lucertole, gatti, uccelli e pesci. In altri casi, si notano sconcertanti figure geometriche che non fanno altro che infittire l'enigma sull'interpretazione e il motivo di una tale sconcertante collezione di figure.
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